La storia fatta dalle minoranze I Repubblicani lavorino uniti per realizzare l’idea liberale I partiti di massa, o meglio quelli con numerosi adepti, non hanno mai attuato rivoluzioni. Quando agli inizi degli anni ‘90 apparve all’orizzonte un personaggio che predicava la rivoluzione liberale, molti si illusero e, pur non sostenendolo da subito, se ne innamorarono politicamente. Le rivoluzioni, con qualunque sostegno ideologico o ideale, questo è il caso dei repubblicani, le possono attuare solo le minoranze. Dopo il recente Congresso, i repubblicani italiani si sono autonominati fautori di una rivoluzione liberale che hanno atteso per troppo tempo. Il tempo è passato più velocemente di quanto si potesse pensare e le lotte intestine nel piccolo partito repubblicano hanno assunto il sapore di una tragedia. Si avvera un vero e proprio miraggio. Dopo la lunga traversata nel deserto e quando l’oasi sembra vicina ti ritrovi qualcuno che, a torto o a ragione, pensa di essere più bravo di te e abbandona la compagnia. E’ questo un elemento del DNA del repubblicanesimo italiano: dai tempi di Mazzini fino ai giorni nostri. Tuttavia i repubblicani sono tipi ostinati, ma non ottusi, e riprendono, con santa pazienza laica, il cammino per arrivare all’oasi dov’erano diretti fin dal Risorgimento, cercando nuovi mezzi e strumenti affinché i loro ideali possano concretizzarsi. Questa concretezza abbiamo cercato di definirla nel 46° Congresso d’inizio anno, portando, allo stanco rituale congressuale, la novità delle tesi: argomenti su cui discutere e trovare sintesi, non schematismi su cui dividersi. Abbiamo voluto portare un elemento di novità, nell’attesa di una rivoluzione liberale che tarda ad arrivare, se mai arriverà. Bisogna prendere coscienza dei problemi senza perdersi in fantasie, mettendo nel conto che necessita una grande volontà per risolverli. I repubblicani, da sempre, e in special modo nel dopoguerra, hanno costantemente avuto il senso della crisi e la tensione alla novità. Uno per tutti, l’incompreso Ugo La Malfa. Il Paese ha bisogno di nuove iniziative "spirituali", di una diversa e moderna dialettica politica, di una "liberazione economica". Di ciò devono farsi carico i repubblicani, prendendo coscienza che il percorso sarà lungo e periglioso. Il nuotatore abile si vede quando il mare è agitato, quando il mare è calmo tutti sanno stare a galla. L’Italia di questi anni ha confuso il liberalismo con il conservatorismo. E’ l’Italia del Gattopardo, dove tutto si trasforma perché nulla cambi. Nell’articolo accanto troverete il documento base approvato dalla Direzione Nazionale il 13 ottobre scorso. Su questo documento il Partito intende aprire un dibattito per raccogliere consensi, dissensi, riserve, varianti, suggerimenti, osservazioni e tutto quel che serve per arrivare all’appuntamento del Consiglio Nazionale (che probabilmente si terrà il 20 novembre) con un documento base su cui discutere. In soccorso dei repubblicani dovrebbe giungere "Intervista sul non-governo" di Alberto Ronchey a Ugo La Malfa. Nell’ultima parte del libro – editato nel 1977 – Ugo La Malfa descrive una situazione sociale ed economica dell’Italia che potremmo tradurre integralmente per descrivere l’Italia di oggi. Egli così terminava la risposta alla domanda sul problema dei giovani: "Berlinguer ha parlato di austerità come principio base di rinnovamento della società a medio termine. L’austerità deve essere introdotta, nella prima zona di interessi, a breve, anzi a brevissimo termine, per risolvere i problemi della seconda zona. Ma quali forze politiche e sociali sono disposte al rigore necessario per fare questo? E riusciranno a fare oggi quello che, con somma imprevidenza, non sono riusciti a fare nel passato?". I Repubblicani, tutti i Repubblicani, devono farsi carico di queste profetiche parole e avviarsi a ideare, progettare e realizzare quella rivoluzione liberale che altri hanno predicato ma non praticato. Il Partito la deve ideare, progettarla, praticarla e realizzarla, e non importa quanto tempo sarà necessario. I Repubblicani sono abituati dalla loro storia a ragionare su tempi lunghi. Lavoro da fare ce ne sarà tanto e sarà necessario il contributo di tutti coloro che ancora credono nell’Idea. |